La profondità di campo (depth of field o DoF in inglese) è un concetto fondamentale in fotografia, in quanto ha un impatto molto forte nella composizione di un buon scatto. E’ quindi molto importante capire con chiarezza cosa sia.
Per quanto sia molto spesso vista come una specie di “bestia nera” da chi si avvicina alla fotografia, vi posso assicurare che non è così. E per dimostrarlo, oggi la approcceremo in pochi semplici step di facilissima comprensione.
La fotografia è formata da molti concetti, non tutti indipendenti. A volte è necessario conoscerne già alcuni per capirne altri, in quanto i primi fanno da fondamenta ai secondi, maggiormente complessi. In questa sezione troverai elencati i concetti che devi già conoscere per poter capire la pillola di oggi, in quanto verranno nominati (senza spiegazione) all’interno dell’articolo.
That’s it! 🙂 Possiamo iniziare!
Se andassimo a cercare una definizione di “profondità di campo” in qualche libro sulla fotografia o in rete, ci troveremmo davanti una selva di fraseggi più o meno lunghi che tentano di riassumere in poche parole questo concetto.
Prendiamone un paio come esempio:
La profondità di campo è una distanza “centrata” sulla linea ideale posta in corrispondenza della distanza di messa a fuoco a cui corrisponde la porzione (in profondità) della foto che risulta essere accettabilmente a fuoco.
Se ti senti un pò confuso non preoccuparti, è normale. Proviamo a semplificare con una seconda definizione trovata in rete, decisamente più “minimal”:
La profondità di campo è l’ampiezza del campo focale
Chiaro, no? 😉 E’ un pò come dire “essere intelligenti è l’atto del possedere intelligenza”. Capitan ovvio, insomma.
Chiariamo una cosa importante: queste definizioni non sono sbagliate. Non sono però “accessibili” a chi di quest’argomento non sa ancora nulla e deve quindi costruire la sua conoscenza step-by-step.
Partiamo dalle basi. Immaginiamo di voler scattare una foto ad un soggetto, ad esempio un nostro amico all’interno di un paesaggio che ci piace.
La prima cosa che facciamo è mettere a fuoco il nostro amico, giusto?
Bene, giustissimo.
Ora però il primo passo fondamentale è capire che il nostro amico non è l’unica cosa nell’universo che verrà messa a fuoco: noi mettiamo a fuoco l’intero piano su cui quel soggetto si trova.
Per capire meglio, immaginiamo di tirare una linea che passi per il nostro amico e sia parallela a noi e alla fotocamera che teniamo in mano: quello è il piano messo a fuoco.
Supponiamo ora che il posizionato in cui abbiamo messo il nostro amico non sia totalmente asettico, quindi contenga anche altri oggetti.
Considerato che la nostra messa a fuoco riguarda un intero piano, qualsiasi oggetto stia su questo piano sarà a fuoco, esattamente come il nostro amico.
Ad esempio, il nostro amico aveva in mano delle mele e quando gli abbiamo detto “dai su, mettiti in posa che ti faccio una foto” lui le ha gettate a terra ed è corso a sfoggiare il suo sorriso migliore.
Se una di queste mele, nel cadere, è rotolata qualche metro a fianco a lui, rimanendo sul suo stesso piano, indovinate? Ebbene sì, sarà a fuoco anch’essa!
Mentre un’altra mela, rotolata via da quel piano (ad esempio verso di noi e la fotocamera)? Esatto: non essendo più su quel piano, sarà sfuocata.
Complichiamo un pò le cose.
Finora abbiamo parlato di piano a fuoco. E sappiamo tutti come in geometria un “piano” sia qualcosa che non ha spessore. Verrebbe quindi da pensare che OK, tutto quello che è sul piano è a fuoco; ma anche che tutto ciò che sta solo un millimetro davanti o dietro al piano sia sfuocato, no?
In realtà non è così. C’è una certa porzione di spazio davanti al nostro piano e un’altra dietro ad esso in cui gli oggetti risulteranno ancora a fuoco, mentre fuori da queste porzioni non lo saranno.
Immaginiamo ora queste due porzioni come un’unica sezione, all’interno della quale sarà quindi “immerso” il nostro amico.
L’ampiezza totale di questa sezione (quindi dal punto della sezione più vicino a noi e alla fotocamera a quello più lontano) rappresenta la profondità di campo.
Sì ok, tutto bello e tutto chiaro. Ma all’atto pratico, a cosa serve sapere queste cose?
Serve, e molto. La profondità di campo è infatti una grandezza su cui noi possiamo agire, modificandola in fase di scatto (il come lo vedremo in un’altra pillola) a nostro piacimento.
E perché dovremmo/vorremmo farlo? Perché avere una profondità di campo più o meno ampia permette di “isolare” o meno il nostro soggetto: più sottile sarà la profondità di campo e più il soggetto sembrerà l’unica cosa a fuoco all’interno del paesaggio, facendolo così risaltare rispetto a tutto il resto.
Facciamo un esempio pratico: nella foto qui sotto il soggetto messo a fuoco è il dado bianco con il 7. Notate quando quel dado “esca” dalla foto in un caso e nell’altro. Una bella differenza d’effetto, vero?
Ti è piaciuta questa spiegazione?
L’hai trovata chiara? O ti ha fatto nascere più dubbi di quanti tu già non avessi all’inizio?
Hai suggerimenti che potrebbero rendere questa pillola ancora più fruibile?
C’è qualche argomento particolare che vorresti vedere trattato in futuro?
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